STORIA
MEDIEVALE
Numerose
sono le tracce di insediamenti altomedievali: reperti
tombali appartenenti ai corredi funebri della popolazione
autoctona romanizzata sono stati rinvenuti a Calzon, Col, Contura,
Frassenè, Gosaldo, La Valle, Mozach, Parech, Peden, Taibon e
Voltago. Sono stati recuperati orecchini, armille, collane,
ceramiche e fibule (a braccia eguali, a croce, zoomorfe, a disco,
ad arco di violino).
La
tipologia delle sepolture presenta caratteristiche completamente
diverse da quelle longobarde, infatti si tratta “di tombe
protette da lastre di pietra o da laterizi reperiti in loco, prive
di un preciso orientamento o di una particolare disposizione
nell’ambito dell’area cimiteriale” (dalla tesi di Laurea di
F. Bortoluzzi, Il Bellunese all’epoca dei Longobardi,
p.98, a.a. 1992-93).
“I ritrovamenti di siti cimiteriali
altomedievali nella vallata agordina appaiono, nel loro complesso,
come i più significativi insediamenti di popolazione autoctona
presente nel bellunese, con la particolarità di aver mantenuto più
a lungo che in altri luoghi gli antichi costumi
e tradizioni. Siamo infatti alla presenza di una cultura locale che
continua a riprodurre i modelli tardoantichi, ma in forma semplice
e con materiale povero. La mancanza di oggetti di lusso fa pensare
che i fruitori dovevano appartenere ad una popolazione con
prevalenti attività rurali o artigianali.
Il materiale recuperato dalle sepolture viene genericamente
datato al VI-VII secolo d.C., ma la presenza di manufatti più
antichi, come la fibula a “tenaglia” o quelle ad “arco di
violino”, potrebbero far propendere a collocare i sepolcreti
della valle di Agordo al VI secolo” (G. Malagola, op. cit., pag.
142).
E ancora Malagola: “Individuare le ragioni per cui in
questa vallata, relativamente isolata, vi siano tracce così
significative di insediamenti altomedievali, rimane un problema
ancora aperto”. Una ragione plausibile potrebbe essere legata
alla presenza delle miniere, se è vero che “l’estrazione del
minerale per la lavorazione del rame risale, nelle Dolomiti e
nell’arco alpino, a mille anni prima dell’età del ferro,
quindi quasi 4000 anni fa […].
E’ ipotizzabile infatti che siano da collegarsi proprio
all’estrazione del rame le origini dei primi insediamenti umani
in queste zone” (F. Spagna, Minatori in Val Imperina. Storia
e antropologia di una comunità di montagna, Museo Etnografico
della Provincia di Belluno, Quaderno n.15, 1998; vedi anche P.P.
Viazzo, Comunità alpine, Bologna 1990).
Anche Mario Dal Mas, in Spade bellunesi, ipotizza la
costruzione dell’accampamento romano a “Belunum” proprio in
funzione della lavorazione del minerale ferroso estratto dalle
miniere di Zoldo e Agordo. Sicuramente in epoca medievale in
Agordino esistevano centri minerari e piccoli forni “a basso
fuoco” per la fusione del minerale, come attestano numerosi
toponimi: Miniere, Forno di Val, Forno di Canal, Vallinferna (a
Colle Santa Lucia: Fursil, da ferso=ferro),
ma bisogna risalire ai primi del Quattrocento per avere notizie
documentate della miniera di Val Imperina.
I
Longobardi: scarse
sono anche le notizie relativamente alle invasioni barbariche e
pare di poter dire che
solo i Longobardi hanno lasciato sicure
tracce di sé, se fin dopo “il 1100 nell’Agordino gli abitanti
vivevano e facevano
contratti secondo le leggi e il costume longobardo, che essi chiamavano il usum nostrum agordinorum “
(Tamis). La totale assenza di armi nelle sepolture risalenti
al VI-VII sec. “porta pensare che la
gente del
posto fosse pacifica e assolutamente incapace di sottrarsi ad un
eventuale controllo militare da parte degli invasori germanici …
I ritrovamenti fino ad ora restituiti alle indagini archeologiche
delineano due aree precise, Agordino e territorio feltrino,
fortemente caratterizzare e differenziate tra loro, e non gettano
luce su un eventuale avvicinamento della gente germanica alla
popolazione locale, sui rapporti di collaborazione o di dipendenza
intercorsi, e, soprattutto sul silenzio delle fonti archeologiche
a partire dalla seconda metà del VII secolo: la
mancanza di
ritrovamenti riferibili al periodo successivo è talmente
generalizzata ed estesa, nei centri urbani come in quelli rurali,
da lasciar pensare ad un
defezionamento in massa dalla provincia,
sia da parte longobarda, che da parte della popolazione locale”
(Tesi di Laurea di F. Bortoluzzi, pp.223-4).
La donazione di Berengario: nel 923, Berengario I,
ultimo imperatore carolingio, donava alla Chiesa di Belluno la
Corte Docale, nel territorio di Ceneda (Vittorio Veneto), da cui
dipendeva anche l’Agordino durante il periodo franco, corte che
si identificava con la Cappella del Salvatore. Così L’Agordino
diventa possesso del Vescovo di Belluno, che con questa donazione
diventa signore feudale con diritti fiscali e dà inizio al potere
temporale del vescovo di Belluno nel nome di San Martino.
Il
Comune: nel secolo XI comincia la lenta formazione del Comune, ma
il governo non divenne mai veramente democratico e popolare,
infatti l’autorità legislativa e l’amministrazione delle
rendite caddero nelle mani di poche famiglie originarie del luogo,
che formarono le parentele o i rotuli.
Iniziano delle tendenze centrifughe, nel tentativo di
emanciparsi dall’autorità della città, che hanno il loro
culmine nel rifiuto di pagare una tassa per le spese comuni
imposta dal podestà di Belluno, Tisone Maltraversi, a
meno di essere parificati ai cittadini. Non fu necessario
ricorrere alle armi come paventato, poiché con intervento
arbitrale di Gabriele III da Camino venne sentenziato che
“quando in città (Belluno) si eleggevano i consoli o i pretori,
pure gli Agordini e gli Zoldani potessero eleggere due dei loro
uomini i quali esercitassero il consolatp nelle rispettive
regioni” (Tamis). Questa sentenza del 1224 segna la nascita del comune
rurale agordino, che verrà retto dalle famiglie dei della
Valle e dei da Voltago, rispettivamente di parte ghibellina e
guelfa. Esse rappresentavano il Consiglio della Magnifica
Comunità di Agordo, a regolare il quale veniva inviato un
Giudice con il titolo di Capitano, da cui deriva l’uso di
chiamare la Comunità anche Capitaniato. Questo era
assistito nelle sue funzioni da due consoli e nelle decisioni di
importanza rilevante da un corpo elettivo, il Sindacato
generale del Capitaniato di Agordo (la prima notizia è del
1385), che aveva il compito di tutelare gli interessi del popolo
senza distinzione di classi o di parentele.
La Signoria degli Avoscano: durante il periodo
comunale si affermarono famiglie influenti che possedevano beni e
castelli ed erano spesso il lotta tra loro. La famiglia che più
si distinse per potenza e per imprese guerresche, sotto il dominio
degli Scaligeri di Verona (1322-1337), è quella degli Avoscano,
la cui fama andò oltre i confini del territorio bellunese. Nel
1321 Cangrande della Scala, che da tempo aspirava ad avere il
dominio sopra Belluno, occupava Feltre e, con l’aiuto di
Guadagnino Avoscano e i Sommariva, i castelli montani dell’Agordino.
I Bellunesi mandarono contro i ribelli il famoso cavaliere Fulcone
Buzzacarino, ma dopo alterne vicende nel 1322 dovettero arrendersi
a Cangrande, che, occupata Belluno, nominava Guadagnino e i suoi
discendenti capitani perpetui dell’Agordino e dello Zoldano, con
le giurisdizioni civili e militari. Nel 1350 termina la Signoria
degli Avoscano e l’Agordino torna alla città di Belluno, che si
trovava sotto il dominio dell’imperatore Carlo IV di Boemia. Nel
1360 Belluno e Feltre passarono a Ludovico re d’Ungheria, che le
cedette a Francesco da Carrara, signore di Padova.
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